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Dove finisce l’unicità

Allo stesso modo, dopo aver disegnato con la mente il risultato già finito, vengon assemblate componenti reali che di fatto non verrebbero mai associate. Un po’ come facevano i dadaisti con i ready-made, ovvero detto fatto: oggetti di uso comune decontestualizzati e proposti provocatoriamente come opere d’arte. Di fronte a quest’operazione lo spettatore restava disorientato, costretto a dover guardare con occhio nuovo, secondo criteri estetici, cose con cui sia ha un rapporto pratico.

Un esempio è ‘‘Colazione in pelliccia’’ di M. Oppenheim, un emblema dell’inutilità in quanto il pezzo non è reso fruibile. Mantenendo l’intenzione di meravigliare, si creano oggetti utili e pratici.

Del Dada si condivide anche il desiderio di ribellione; in questo movimento artistico del 1916, avvenne una rivolta totale verso tutte le forme d’arte, dettata da un bisogno di indipendenza formale.

Però, mentre Duchamp con la sua ‘’L.H.O.O.Q.’’, compì un gesto provocatorio, prendendo in giro il sorriso enigmatico della famosa Gioconda, attraverso il disegno di barba e baffi e di un nuovo titolo, che andasse a giustificare il suo sguardo con un ironico ‘’Elle a chaud au cul’’, ovvero lei ha caldo al sedere; con Creazioni Dislessiche non si vuole provocare nessuno anzi, c’è l’intenzione di sensibilizzare con garbo e gentilezza.

Con quasi 100 anni di differenza lo spirito è lo stesso: opporsi da ciò che sta diventando il contesto contemporaneo, dove a un oggetto creato da un mastro artigliano si preferisce un prodotto industriale, anche di scarsa qualità. Dove il consumismo ci ha sepolti e l’acquisto di un oggetto viene dettato solo dal prezzo e da ciò che ne pensa la società. Chiamerei quindi in esame la Pop Art, dove un oggetto di uso comune creato industrialmente, diventa opera d’arte sottolineando l’iconologia dell’epoca, tra cui la pubblicità.

La pubblicità, come un nuovo culto, esalta i grandi marchi.

‘’Coca cola plan’’, di H. Rauschenberg, usa l’icona delle bottigliette alate che diventano la nuova divinità del benessere e del consumismo. A 50 anni di differenza, Noi, eredi di questo benessere tiriamo le somme: dal periodo dove la popolazione non aveva nulla (post conflitti mondiali), per poi trovarsi ad aver tutto, nel 2017, ci troviamo a considerare di aver troppo, o meglio, di incanalare le nostre energie in futilità. Abbiamo bambini assuefatti dalla tecnologia, ma che non sanno giocare a campana. Bambini sempre più modellati dalle masse che preferiscono uno schermo piatto a un balocco.

Ma dove finisce l’unicità? Quando si compra un pezzo lavorato a mano, non si acquista l’opera di per sé: comprate il lavoro e il sudore di Noi artisti, Voi comprate le preoccupazioni e l’ira di quando Noi commettiamo un errore in opera. Voi comprate le nostre risate durante le ore in laboratorio, Voi, che non immaginate cosa si nasconda dietro un oggetto, comprate un pezzo di Noi. L’amore e la dedizione che ci muovono, nel mettere in pratica le nostre passioni, danno come frutto ciò che Voi portate via, non solo l’oggetto che scegliete ma anche la nostra essenza infusa in esso.

C’è bisogno di ricordare che ogni oggetto ha una sua storia, intrecciata con quella di chi l’ha creato e di chi lo possiede. Facendo un esempio, immaginate un mastro artigiano del ‘700 che fa un mobile con altorilievi scolpiti a mano, cosa suscita? Si possono vedere amore, vedere valori che ormai sono andati perduti, si può immaginare la schiena china di quell’uomo mentre con abile maestria tira fuori da una tavola piatta, un meraviglioso cesto di frutta. Lo si può apprezzare ancor di più, perché mettendosi nei suoi panni, si possono capire le difficoltà del lavoro vista la mancanza di tecnologia, di cui oggi se ne abusa. Ogni frammento modellato è la somma di varie martellate mosse dal suo braccio, mentre abilmente faceva danzare lo scalpello con l’altra mano.

Se poi quel mobile finisse in casa di una persona un po’ pasticciona, che con un gesto azzardato va a macchiarlo, magari con del vino? Una coscienza comune direbbe di pulirlo subito, una più elastica farebbe sorridere perché in quel difetto ci vedrebbe una storia da raccontare.

A essere onesti è un po’ l’idea che volevano trasmettere i New Dada. Pittori americani che si attennero ai canoni del Dada, ma confondendosi con la Pop Art. Opere realizzate con materiali usati, per esprimere il rapporto ancora insito tra oggetto e chi lo aveva utilizzato. Stimolati dal loro aspetto, meglio se logorato dall’uso e dal tempo, gli artisti New Dada prelevavano brandelli di realtà e li rendevano opere d’arte.

‘‘ Five feet of colourfull tootls’’ di Jim Dime.

Creazioni Dislessiche si prende carico di tutti questi ideali. Si ha voglia di esprimere ciò che si è, ciò che si sente, permettere a chiunque di dire la sua. Valorizzando ogni pezzo attraverso l’uso di materiali naturali, se ex novo, e rispettando quelli con una storia. Si vuole sensibilizzare al riutilizzo, per il bene del nostro pianeta, attraverso uno sviluppo economico ecosostenibile.

Partendo dalle nuove generazioni, attraverso un lavoro fatto a mano, si vuole infondere amore per la creatività, ammirazione e rispetto per chi ci ha preceduti e lasciare a chi ci seguirà questo piccolo fagotto, sperando che, altri come Noi si sentano spronati a far ciò che amano. Ci son persone al mondo, talmente sensibili, da commuoversi davanti a un’opera d’arte. Si vuole poter dire loro che non sono sole.

Ancora legati alla spensieratezza e alla fantasia di quando si era fanciulli, si cerca un modo per continuare a giocare attraverso questo, il nostro lavoro. C’é bisogno di proteggere il bambino che è in tutti noi perché solo così si può veder il mondo con la meraviglia che si merita.